Accertamento stato di malattia: legittimo il ricorso all’investigatore privato
L’accertamento dello stato di malattia tramite un investigatore privato non è un reato. Al datore di lavoro, infatti, non è affatto preclusa la facoltà di riscontrare l’idoneità al lavoro e, pertanto, a ritenere ingiustificata l’assenza per malattia del dipendente, servendosi di una agenzia investigativa. Questo è quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18507, che prende origine dal licenziamento intimato al lavoratore per giusta causa e, in particolare, per “simulazione fraudolenta dello stato di malattia”:
Il lavoratore, nonostante risultasse in malattia e, pertanto, assente dal posto di lavoro per sopravvenuta inidoneità temporanea a prestare la propria attività lavorativa a cagione della patologia (“gonalgia e lombalgia acuta”) accertata dal medico dell’INPS, veniva sorpreso – da un investigatore privato incaricato all’uopo dal datore di lavoro – ad eseguire dalle ore 13.30 alle ore 14.20 lavori sul tetto e nel cortile della propria abitazione. Attività comprovata da elementi fotografici e visivi forniti dall’agenzia investigativa.
Accertamento stato di malattia: un passo in avanti
La sentenza ha segnato un passa in avanti rispetto alla stessa normativa vigente in materia e, in particolare, all’art. 5 L. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) per cui, nonostante viga il divieto di accertamenti sanitari sul proprio dipendente da parte del datore di lavoro e sulla facoltà dello stesso di effettuare il controllo delle assenze per infermità esclusivamente attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali, tuttavia, tale divieto non preclude “al datore medesimo di procedere, al di fuori delle verifiche di tipo sanitario, ad accertamenti di circostanze di fatto atte a dimostrare l’insussistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato d’incapacità lavorativa e, quindi, a giustificare l’assenza (Cass. 25162/2014; Cass. 6236/2001)”.
Accertamento stato di malattia: privacy e utilizzo delle prove
Al pari risulta infondata la questione relativa alla violazione della privacy del lavoratore, in quanto la sentenza ha accertato come la condotta è stato svolta sul tetto dell’abitazione, non all’interno, quindi non vi era alcuna violazione di domicilio.
In merito all’utilizzabilità in giudizio delle riprese fotografiche e video, la Corte di Cassazione ricorda come: “il disconoscimento delle riproduzioni meccaniche di cui all’art. 2712 c.c., che fa perdere alle stesse la loro qualità di prova, deve, tuttavia, essere chiaro, circostanziato ed esplicito e – al fine di non alterare l’iter procedimentale in base al quale il legislatore ha inteso cadenzare il processo in riferimento al contraddittorio – deve essere tempestivo e cioè avvenire nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla rituale acquisizione delle suddette riproduzioni, dovendo per ciò intendersi la prima udienza o la prima risposta successiva al momento in cui la parte onerata del disconoscimento sia stata posta in condizione, avuto riguardo alla particolare natura dell’oggetto prodotto, di rendersi immediatamente conto del contenuto della riproduzione. Ne consegue che potrà reputarsi tardivo il disconoscimento di una riproduzione visiva soltanto dopo la visione relativa e quello di una riproduzione sonora soltanto dopo la sua audizione o, se congruente, la rituale acquisizione della sua trascrizione (Cass. 9526/2010; Cass. 2117/2011)”.
Quindi, il semplice disconoscimento della data e dell’ora del video, non appare sufficiente a dimostrare una diversa realtà rispetto a quella riprodotta meccanicamente, peraltro, supportata dalla testimonianza rilasciata in aula dall’investigatore che ha realizzato le prove.
Accertamento stato di malattia: il certificato medico
Infine, per quanto riguarda l’omessa valutazione della certificazione medica INPS attestante lo stato di malattia del dipendente, la Suprema Corte evidenzia come: “il certificato redatto da un medico convenzionato con l’INPS per il controllo della sussistenza delle malattie del lavoratore, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 300 del 1970, è atto pubblico che fa fede, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che l’ha formato nonché dei fatti che il pubblico ufficiale medesimo attesta aver compiuto o essere avvenuti in sua presenza” (Cass. 5000/1999; Cass. 10569/2001). E’ stato peraltro precisato che “tale fede privilegiata non si estende anche ai giudizi valutativi che il sanitario ha” in occasione del controllo “espresso in ordine allo stato di malattia e all’impossibilità temporanea della prestazione lavorativa” (Cass. 6045/2000)”.
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