IL VALORE PROBATORIO DEI REPORT INVESTIGATIVI
Sempre più spesso si fa ricorso ai servizi offerti dalle agenzie investigative, al fine di raccogliere elementi di prova da produrre in giudizio.
Il Committente che ne abbia diritto, difatti, può rivolgersi all’investigatore privato conferendogli specifico mandato affinché esegua una serie di ricerche finalizzate ad attestare determinati circostanze necessarie a far valere un proprio diritto.
Le informazioni raccolte dall’investigatore privato vengono dunque racchiuse nei report investigativi che costituiscono un documento non arbitrario ma essenziale, contenente la ricostruzione cronologica e dettagliata di tutti gli avvenimenti verificatisi nel corso del periodo di osservazione. Tutto deve essere descritto nei minimi particolari ed attenzione specifica deve essere data ai luoghi, alle abitazioni, ai mezzi utilizzati, alle azioni svolte e ai dettagli personali e caratteriali dei soggetti controllati.
Il report investigativo rappresenta dunque il prodotto finale di un’indagine e deve contenere tutti gli elementi di prova necessari a far valere il diritto vantato dal Committente in sede processuale.
NATURA ATIPICA DEL MEZZO DI PROVA: SENTENZE
E’ sempre più frequente il ricorso all’investigatore privato nell’ambito dei processi per l’ottenimento dell’addebito a carico del coniuge in sede di separazione giudiziaria.
La Suprema Corte con la sentenza n. 11516/2014, ha affermato che è lecito raccogliere prove per mezzo dell’investigatore privato, confermando la validità probatoria della relazione investigativa, seppure fondata su informazioni raccolte in assenza delle garanzie del contraddittorio.
Nel caso di specie il marito aveva incaricato un investigatore privato per provare la relazione extraconiugale della moglie durante il periodo di convivenza matrimoniale, presentando poi in giudizio il fascicolo documentale contenente le prove fotografiche dell’effettiva condotta della moglie. Quest’ultima contestava dunque dinanzi al Giudice di prima Cure l’ammissibilità del rapporto investigativo quale elemento da introdurre in giudizio, basandosi sull’assunto per cui, in assenza di garanzia del contraddittorio, quanto prodotto dal detective quale consulente tecnico di parte, dovesse essere valutato alla stessa stregua delle considerazioni personali e non quali elementi di prova.
Tutti e tre i gradi di giudizio si pronunciavano in senso negativo rispetto a tale assunto, ribadendo il valore probatorio di quanto dedotto dalle inconfutabili prove raccolte dal detective incaricato. La Corte ha infatti ritenuto prove valide le foto e le informazioni contenute nella relazione, le quali hanno permesso al marito di dimostrare l’infedeltà coniugale della moglie. Il giudice aveva difatti potuto accertare tramite il report investigativo prodotto, che la violazione dei doveri coniugali da parte della moglie era antecedente alla proposizione della domanda di separazione.
La legittimità del report investigativo quale prova atipica è stata reiteratamente affermata e la sua valenza ha acquisito sempre maggiore rilievo: con sentenza del 17 luglio 2013 il Tribunale di Milano ammetteva l’investigatore privato come testimone all’interno del processo, per consentire l’ingresso delle cose da lui stesso viste e fotografate, per il tramite della prova orale, esperita all’interno del contraddittorio processuale.
Il Tribunale di Milano, sez. IX civ. con la sentenza 1 luglio 2015 ha ribadito che il rapporto investigativo può essere inserito come prova atipica nel processo ed è sufficiente a fondare il giudizio di colpevolezza nei confronti del coniuge fedifrago, se da quest’ultimo non ne viene contestato il contenuto.
Detto assunto è fondato sul principio di non contestazione, ex art. 115 c.p.c., secondo il quale, in caso di omessa contestazione specifica, il fascicolo documentale fornito dall’investigatore assume a pieno titolo valore di prova nel processo. Ciò significa che, in caso di contestazione specifica di controparte, il rapporto di indagine deve essere oggetto di conferma probatoria mediante escussione testimoniale dei testi di riferimento.
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